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domenica 3 gennaio 2016

La staticità nei dipinti

Il Doppio ritratto dei duchi di Urbino è un dittico, olio su tavola (47 x 33 cm ciascun pannello), con i ritratti dei coniugi Federico da Montefeltro e Battista Sforza, opera di Piero della Francesca databile al 1465-1472 circa e conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze.



Caratteristica comune dei dipinti quattrocenteschi è la staticità monumentale dei personaggi, raffigurati più simili a sculture che a pitture. I sovrani infatti, sono raffigurati di profilo, come nelle medaglie, in un'immobilità solenne, sospesi in una luce chiarissima davanti a un lontano e profondo paesaggio a perdita d'occhio, che accentua le figure in primo piano. L'infinitamente lontano e l'infinitamente vicino sono mirabilmente fusi, dando origine a una realtà superiore e ordinata, dominata da leggi matematiche che fanno apparire gli esseri umani non più come mortali ma come idealmente eterni, grazie alla loro superiorità morale. 

martedì 24 novembre 2015

La fermezza di Penelope


L'INCREDULA PENELOPE
(testo in versi da Libro XXIII, v. 85-110)



85      Disse così, e discese dalle stanze di sopra:                                           
         nel cuore era incerta, se interrogare da lontano il marito
         o, accostatasi , prendere e baciargli il capo e le mani.
         Entrò e varcò la soglia di pietra,
         poi sedette di fronte ad Odisseo, nel raggio del fuoco,
90       all’altra parete: egli, guardando in basso, sedeva
         appoggiato ad un’alta colonna, aspettando se gli avrebbe parlato 
         la nobile sposa, dopo averlo veduto cogli occhi. 
         Lei sedeva a lungo in silenzio, lo stupore invadeva il suo cuore:
         ora, cogli occhi, lo ravvisava nel viso,
95       ora, per le sue misere vesti, non lo riconosceva.
         La redarguì Telèmaco, le rivolse la parola, le disse: 
         «Madre matrigna , che hai un cuore duro,
         perché stai lontana così da mio padre, non ti siedi  
         al suo fianco e non chiedi e domandi? 
100     Nessuna altra donna starebbe così, con cuore ostinato,
         lontana dal proprio marito, che sofferti molti dolori 
         tornasse al ventesimo anno nella terra dei padri: 
         ma il tuo cuore è sempre più duro di un sasso».
        Gli rispose allora la saggia Penelope:
105    «Figlio mio, nel petto il mio animo è attonito
        e non posso parlare né fare domande 
        o guardare diritto il suo volto. Se veramente
        è Odisseo e a casa è tornato, certo noi due
        ci riconosceremo anche meglio: perché anche noi 
110    abbiamo dei segni, che noi soli sappiamo, nascosti agli estranei».


COMMENTO:
In questo passo dell'Odissea, Penelope viene avvisata del fatto che suo marito Ulisse fosse rientrato ad Itaca dopo venti lunghi anni; lei resta comunque scettica mostrandosi distaccata e fredda, poichè non aveva alcuna prova che fosse realmente Ulisse. Il collegamento alla "staticità" si ha con la fermezza d'animo di Penelope, che per tutto questo tempo ha aspettato il marito, senza concedersi ai Proci (pretendenti alla sua mano), promettendo di scegliere tra loro uno sposo, non appena finito una tela per il suocero che tesseva di giorno e disfaceva la notte.

Fonte: Odissea di Omero (trad. in italiano di G.A.Privitera)


lunedì 2 novembre 2015

Parmenide e la filosofia dell'essere


Il filosofo che per primo mette a tema esplicitamente il concetto di essere è Parmenide di Elea (VI-V secolo a.C.); l'esordio della riflessione filosofica sull'essere si esprime mediante una lapidaria formula, la più antica testimonianza in materia: « è e non è possibile che non sia ... non è ed è necessario che non sia ».
Parmenide nota come l'essere sia unico e non possano esserci due esseri perché se uno è l'essere, e l'altro non è il primo, allora è non-essereParmenide vive drammaticamente il conflitto, vede che il mondo è molteplice, ma la ragione e il compito del filosofo gli impediscono di crederci: egli non si fida dei sensi ma solo della ragione, e afferma perciò che il divenire, il mondo, e la vita, sono tutte illusioni. C'è un solo essere, statico, uno, eterno, indivisibile, ossia uguale a sé stesso nello spazio e nel tempo perché diversamente, differenziandosi, sarebbe il non-essere.